In Stasi Perpetua
-RACCOLTA RECENSIONI-
Recensione by FNAC.it (*fonte*)
Alla fine della seconda stagione di X factor chiunque avrebbe puntato sui secondi classificati The Bastard Sons of Dioniso: giovani talentuosi sfacciati e carismatici, i “Bastardi” sono stati accolti dal grande pubblico con l’ottimo successo che li ha portati al disco d’oro con “L’amor carnale”, il primo EP pubblicato al termine della trasmissione nell’Aprile scorso.
Durante l’estate TBSoD hanno girato l’Italia in lungo e largo con l’ X factor tour: oltre 18 date in tutto il paese hanno rinsaldato la passione sfrenata che il pubblico sembra dimostrare ai tre giovani trentini . In “Stasi Perpetua” è il loro primissimo lavoro pubblicato con RCA/Sony Music, introdotto in radio dal primo singolo “Mi par che per adesso”.
Provocatori, critici e il giusto “scontrosi”, i tre ragazzi delle valli intorno a Trento esordiscono con un primo disco ruvido, dal sound aggressivo e potente ma con testi pungenti e pieni di ironia. Un album “classico” nei suoi riferimenti rock in cui la durezza e la sincerità del carattere montanaro vengono enfatizzate insieme alla “favella” di tre giovani che ne capiscono molto anche delle esigenze introspettive e delle domande dei ventenni oggi.
Recensione by Outune.net (*fonte*)
“In Stasi Perpetua” rappresenta la sfida più dura che i TBSOD abbiano mai affrontato in tutta la loro giovane carriera. L’EP pubblicato appena fuori da X Factor si trattava solo di una formalità, adesso, tramite 11 brani originali e un minutaggio più consistente, i tre ragazzi del Trentino hanno dovuto dimostrare di non essersi fatti abbindolare dalle sirene televisive e di essere un vero gruppo rock, con motivazioni che vanno ben oltre la ricerca dei 15 minuti di notorietà di warholiana memoria.
Dopo aver sentito il risultato finale, si deve ammettere che la sfida è stata vinta e superata. Tutto si può dire del nuovo disco, tranne che non sia un lavoro sincero e onesto. Un album rock, genuino al 100%, nel quale la componente melodica è certo abbondante, ma non così ipertrofica da soffocare lo slancio elettrico delle chitarre e le varie componenti ‘hard’ del suono dei Bastardi. In questo senso la partecipazione al famigerato talent show non ha arrecato danni, e neppure la produzione di Gaudi (famoso per aver lavorato con musicisti dediti ad elettronica, reggae e world music, certo non un esperto in rock e affini) è riuscita ad anestetizzare la loro musica. Anzi, qualche piccolo inserto sintetico (ad esempio, nello sfumare di “Una Canzone Probabilmente Inutile”) si rivela addirittura azzeccato. Per il resto il power trio alpestre è davvero in gran spolvero, e si diletta in quello che meglio sa fare: un particolare mix di hard rock anni Settanta, punk melodico e alternative italiano, condito da qualche riferimento al post - stoner di marca Queens Of The Stone Age. Più, ovviamente, una gran dose di armonie vocali che provengono in ugual misura dal coro alpino e dal madrigale cinque – seicentesco (più qualcosa dei Bluvertigo, sentire il ‘cambio di tonalità’ di “Se t’Annoi” per credere). Le canzoni migliori sono quasi tutte concentrate nella prima parte di “In Stasi Perpetua”, con “Mi Par Che Per Adesso” (testo ricavato in parte da Monteverdi, musica, invece, che ricorda qualcosa dei Led Zeppelin), “Nothing To Talk About” (la più punk), “War Is Over” (la più pesante) e “Io Non Compro Più Speranza” (in cui il riffing s’ispira ai già citati QOTSA, quelli del dopo “Songs For The Deaf”, per intenderci) sugli scudi. Meno incisiva la seconda parte, con “Senza Colore” non del tutto convincente nella sua pretesa di essere ballad quasi progressiva, “Dal Risveglio In Poi” piuttosto maldestra e “Ease My Pain” semplice divertissement. Meglio la sofferta “Versa La Mia Testa” e l’allegra “Typical Pinè Night”, nella quale affiorano ricordi dei Green Day.
Probabilmente i ‘rockettari’ più integralisti nutriranno ancora pregiudizi verso i TBSOD, pregiudizi che, almeno in parte, potrebbero essere abbattuti dall’ascolto di “In Stasi Perpetua”. Il loro modo di mescolare testi aulici, chitarre distorte ed energie giovanili a volte è buffo e un po’ ingenuo, ma le capacità tecniche e la passione sono vere e non fittizie. La loro conoscenza della musica, poi, che non si ferma al rock e ai soliti nomi di compositori classici che fa tanta scena citare per fingersi colti, è encomiabile. Un ottimo esordio per un gruppo che, speriamo, farà ancora parecchia strada. Dategli una possibilità.
Stefano Masnaghetti
Recensione by ROCKOL (*fonte*)
Che strano fenomeno i Bastard Sons of Dioniso. Un anno fa uscivano da X Factor, venivano accolti dalla critica e dal pubblico come i vincitori morali della seconda edizione del talent show di Raidue, e pubblicavano il loro primo mini album con uno stato d’animo non propriamente rilassato. Si vedeva, e si sentiva, che erano sulle spine, che sì, erano contenti di avere tra le mani un disco, ma loro, di cover e rifacimenti di altri brani, non ne volevano più sentir parlare. I Bastard volevano il loro album di inediti, con dentro tutta la loro animalesca passione musicale, con dentro tutti i loro modi di dire, giochi di parole, le loro schitarrate, i loro cambi di tono, i loro concetti di alto e basso profilo: volevano “In stasi perpetua”, e l’hanno avuto.
Difficile giudicare l’album del trio trentino, difficile non perché non sia un bel disco, ma per via della sensazione eterogenea che danno i primi ascolti. Piano piano i dieci brani prendono forma e sostanza, e nonostante mantengano un netto distinguo tra loro, diventano orecchiabili, divertenti e sempre più piacevoli.
Le prime in italiano “Se t’annoi” e “Mi par che per adesso”, hanno un non so che di operetta rock, con quelle imponenti chitarre, quei cori a tre voci e quel linguaggio (“Almen che non sia noia l’aldilà” oppure “E’ luminoso il dì”) che sta diventando già un segno di riconoscimento della band. Arriva poi un punk rock genuino e che non ha nulla da invidiare a quello delle grandi produzioni oltre oceano, come “War is over (Children of the grapes)”, caratterizzata da continui e piacevoli controtempi, e “Typical Piné night”, anche se è con “Nothing to talk about” che si arriva alla canzone migliore del disco, e ci si arriva subito, già al terzo brano, come a far intendere che i tre ragazzotti non hanno proprio intenzione di perdere tempo in chiacchiere, specie con il loro ascoltatore.
Dentro a “In stasi perpetua” c’è anche posto per brani pop come “Dal risveglio in poi” e “Una canzone probabilmente inutile”, che accosta arrangiamenti più morbidi e buone melodie ad un testo quasi spavaldo ed aggressivo. Trovano spazio canzoni con intro acustiche come l’incalzante ed intensa “Senza colore”, che in alcuni passaggi ricorda le atmosfere di “Space Oddity” di David Bowie, oppure “Versa la mia testa”, che si apre sul finale in un esplosione suoni in puro stile cross over.
Ecco, questi sono i Bastard: piacere di averli minimamente introdotti a chi non li conosce o a chi non li ha ancora presi in considerazione.
(Daniela Calvi)
Recensione by BEAT Magazine (*fonte*)
Se il maiuscoletto potesse prendere forma in nota, loro sicuramente saprebbero musicarlo. L'album “In stasi perpetua” che fa sì che i Bastardi si presentino ufficialmente con la loro musica al vasto pubblico è arrivato. I brani appartengono ad un repertorio già consolidato dalla band, risuonati e ripresi in mano dalla produzione artistica di Gaudi, già loro coach all'interno del talent show che li ha visti emergere e – più che bucare – spaccare in tv! Una forza ed una grinta che i ragazzi mantengono, che li contraddistingue come l'uso singolare delle parole, sempre ricercate e andate a rispolverare più su un filone Opera che su ritornello da far girare in radi.
(E.F.)
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Recensione by Sony Music (*fonte*)
Alla fine della seconda stagione di X factor chiunque avrebbe puntato sui secondi classificati The Bastard Sons of Dioniso: giovani talentuosi sfacciati e carismatici, i “Bastardi” sono stati accolti dal grande pubblico con l’ottimo successo che li ha portati al disco d’oro con “L’amor carnale”, il primo EP pubblicato al termine della trasmissione nell’Aprile scorso. Durante l’estate TBSoD hanno girato l’Italia in lungo e largo con l’ X factor tour: oltre 18 date in tutto il paese hanno rinsaldato la passione sfrenata che il pubblico sembra dimostrare ai tre giovani trentini . In “Stasi Perpetua” è il loro primissimo lavoro pubblicato con RCA/Sony Music, introdotto in radio dal primo singolo “Mi par che per adesso”. Provocatori, critici e il giusto “scontrosi”, i tre ragazzi delle valli intorno a Trento esordiscono con un primo disco ruvido, dal sound aggressivo e potente ma con testi pungenti e pieni di ironia. Un album “classico” nei suoi riferimenti rock in cui la durezza e la sincerità del carattere montanaro vengono enfatizzate insieme alla “favella” di tre giovani che ne capiscono molto anche delle esigenze introspettive e delle domande dei ventenni oggi.
Recensione by www.rollingstonemagazine.it (*fonte*)
Il modo più facile per dirlo è che i madrigali del '500 con le ballate di Dave Grohl ci stanno da dio. E che di esordi hard rock così colti e tamarri insieme, soprattutto in Valsugana, non se ne vedevano da tempo.
Il più difficile è scrivere questa recensione facendo finta che i Bastard Sons of Dioniso non siano mai stati lanciati da un reality show statale. E che il produttore artistico non si chiami Gaudi, come quel signore che si veste a metà fra Tony Manero e Ziggy Stardust, ma Rick Rubin.
E poi, esordio sì, ma fino a un certo punto. Jacopo, Michele e Federico hanno alle spalle un fama masspopolare preventiva (che culo), due robine autoprodotte nel 2007 e un EP di sei pezzi, L'amor carnale, uscito quest'estate, con cover dei Nomadi (Che colpa abbiamo noi) ed Enrico Ruggeri (Contessa) che promettevano già bene. Ora l'atteso disco punk che avrebbe dovuto benedire l'unione di Maria De Filippi boys e vecchiazze grunge è finalmente uscito. E dovreste andarlo a comprare.
Non che scopiazzare le martellate dei Queens of the Stone Age e intonarci sopra tre vocine wasp (Se t'annoi) basti a impressionarci, ma incorniciarle con assoli di Angus Young - che solo ore e ore di autistica mimesi possono uguagliare - e rime ontologiche che farebbero invidia al Liga ("almen che non sia noia l'aldilà / almen che non sia noia al bar di là"), questo sì, stupisce. E neppure trasformare un'impalcatura sonora dei Green Day in motivetto generazionale è cosa commovente. Ma se l'italiano di Io non compro più speranza è quello cortese, leggi medievale ("Io non compro più speranza / che'll è falsa mercancia / a darn sol attendo via / chella poca che m'avanza"), c'è poco da snobbare. E quando in una ballata trobadorica (Versa la mia testa) gli arpeggi diventano riff e i riff pestaggi metal, allora ti viene da pensare ai massimi sistemi. Che i Bastard non sono i Finley. Che Vigolo Vattaro non è Cinecittà. E che Mara Maionchi non è Cecchetto.
Matteo Maresi
Recensione by www.rockline.it (*fonte*)
Metti una sera a cena, o più semplicemente in televisione, 3 brillanti ragazzi trentini che, fra un'esibizione entusiasmante e una battuta più scherzosa, dichiarano esplicitamente di ispirarsi ai Ramones e ai Clash: fra Morgan che si dilunga ad esaltarne l'innata punk attitude e Mara Maionchi che si dimena incapace di pronunciarne il nome, i The Bastard Sons Of Dioniso quasi dominano la seconda edizione di X-Factor, reality show musicale importato direttamente dall'Inghilterra a seguito del clamoroso successo di vendite della vincitrice britannica Leona Lewis. La vittoria non arriva ma l'obiettivo principale per tutti i prodotti della musica televisiva è uno soltanto, ossia il responso del pubblico in termini di vendite discografiche: Alessandra Amoroso e Valerio Scanu, reduci dalla trionfale esperienza di Amici sulla rete ammiraglia Mediaset, si issano immediatamente ai primissimi posti delle classifiche italiane, seguiti a ruota da Noemi, interessante vocalità dalle tinte blues, purtroppo precocemente eliminata dal programma di punta della seconda rete di mamma Rai; buoni anche i risultati di Matteo Becucci, il vincitore della seconda edizione, sebbene nettamente inferiori a colei che non è arrivata nemmeno in semifinale. Che fine hanno fatto, invece, i The Bastard Sons Of Dioniso?
Un flop. Esito piuttosto prevedibile e certamente incoraggiante, perché In Stasi Perpetua è tutt'altro che un prodotto esclusivamente commerciale e palesemente ruffiano: si tratta infatti di una miscela al contempo ficcante e sorprendente di pop punk (la deludente War is over, Dal risveglio in poi, Typical Pine' night) e pop rock (Se t'annoi, Mi par che per adesso, Una canzone probabilmente inutile, Versa la mia testa), con spensierate atmosfere garage (Nothing to talk about, la conclusiva Ease My Pain) e qualche inserto linguistico medievaleggiante (l'amara Io non compro più speranza, ispirata ad una frottola di Franciscus Bossinensis risalente addirittura al XVI secolo), che già sembra identificarsi come loro marchio di fabbrica, senza dimenticare una vena cantautoriale tipicamente nostrana à la Samuele Bersani (Senza colore). Va detto che, se certo non può definirsi capolavoro, senz'altro non si può negare che si tratti di un debutto più che soddisfacente, dal momento che la formazione originaria della Valsugana si dimostra perfettamente consapevole dei propri mezzi, manifesta chiarezza di idee e di intenti e soprattutto uno stile tutto sommato personale e riconoscibile, di certo in nulla assoggettato alle squallide logiche di vendita che solitamente si impongono ai più recenti prodotti delle fabbriche televisive. Forse è proprio questo l'aspetto più interessante e meritevole di attenzione: i The Bastard Sons Of Dioniso non sono semplicemente degli interpreti che, non sapendo né leggere né scrivere (musica), possono essere manipolati a proprio uso e consumo da case discografiche assetate di denaro liquido, attraverso canzoni più o meno appetibili da un pubblico sostanzialmente assuefatto a certi standard neomelodici; al contrario, è evidente come la loro natura di strumentisti, più che di semplici vocalist, si sia imposta in maniera preponderante, trovando il giusto compromesso fra linee più accattivanti e leggere e momenti più grezzi e brucianti. I mediocri risultati discografici, soprattutto in confronto a quelli ottenuti dagli altri "artisti" che hanno affrontato la medesima formazione televisiva, sono forse la prova provata di come In Stasi Perpetua non sia poi un lavoro così prevedibile, scontato e facilmente assimilabile, o, quantomeno, di come il suo target fosse sostanzialmente rivolto ad un pubblico musicalmente più preparato e attento a certe sonorità.
I The Bastard Sons Of Dioniso non avranno certamente la pretesa di ergersi a nuovi paladini del pop punk made in Italy, pur tuttavia va riconosciuto loro di aver introdotto uno stile solitamente confinato ai margini della distribuzione musicale italiana attraverso inediti canali di grande visibilità e, soprattutto, di aver sfornato un album divertente e sempre piacevole, che, nelle sue intenzioni, non è per nulla inferiore a prodotti stranieri la cui modesta caratura è solamente ingigantita da una dilagante esterofilia. Checché se ne dica, Valsugana rulez.
Recensione by MetroplNews.it (*fonte*)
«Rock alpestre con retrogusto da cantina». Originale e fuori dagli schemi, proprio come la loro musica. Il trio The Bastard Sons of Dioniso, secondo classificato nella passata edizione di X Factor, ricorre spesso a questa definizione per dare un'idea delle proprie canzoni e per ribadire il forte legame con la terra che li ha cresciuti, il Trentino. Un attaccamento che emerge anche dalla scelta di registrare l'ultimo album, intitolato “In stasi perpetua”, interamente su questo territorio e di girare qui il video di “Mi par che per adesso”. Per questo singolo la band ha scelto una location “pietrosa”, in tema con le foto della copertina e del booklet del cd. E quale miglior sfondo delle cave di porfido di Albiano?
Quando si parla di marmo trentino, infatti, non si può non citare l'Altopiano di Piné e la Val di Cembra, una zona che può essere considerata il bacino del porfido stratificato grazie alla presenza di oltre 90 cave capaci di produrre ogni anno qualcosa come 1 milione 600 mila tonnellate di pietra e dare lavoro a quasi mille addetti. La conoscenza e l'impiego di questo materiale è molto antica ed è legata al duro lavoro degli uomini impegnati nella sua estrazione, alla fantasia, alla perizia e alla creatività di scultori, scalpellini e posatori che lo lavorano. Unico per qualità, resistenza e resa estetica, si presta a vari utilizzi: dall'arredo urbano all'edilizia privata, dai monumenti alle opere d'arte.
Un mondo che i Bastard hanno voluto omaggiare con una canzone ispirata ai canti madrigali ed in particolare a “L'incoronazione di Poppea”. Se il cd precedente, “L'Amor carnale”, aveva ottenuto un notevole successo di critica e di vendite, le premesse per questo secondo lavoro non sono inferiori. A dare la misura dell'entusiasmo che si respira attorno a questo nuovo album, prodotto dalla Rca/Sony, vi è la classifica di iTunes, il sito web più importante al mondo per il download di brani musicali. Subito dopo la pubblicazione, “In stasi perpetua” è balzato in seconda posizione fra i cd più scaricati, per poi veleggiare sempre nella top ten nei giorni successivi. Ora ad attendere Michele Vicentini, Federico Sassudelli e Jacopo Broseghini sarà un vero e proprio tour legato ad apparizioni televisive e a dirette radiofoniche volte a promuovere i 10 brani contenuti nell'album.
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